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Iva al 4%: paparazzate da Palazzo

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Perché non sottoscriverò la petizione lanciata da Raffaele Barberio

Lettera aperta ad Agostino Quadrino di Garamond

Caro Agostino,

visto che lunedì 19 hai aderito al programma di Barberio e interverrai dunque al “lancio” del suo sito www.ebook.it, lascia che motivi – a te a tutti gli amici che parteciperanno all’incontro nella prestigiosa Sala della Mercede alla Camera – perché non sottoscriverò la petizione di riduzione dell’IVA degli e-books al 4% nell’attuale ambiguità legislativa che “regola” il commercio librario.

Tu ricorderai che la battaglia dell’AIE per ottenere l’IVA agevolata all’epoca si era incentrata proprio sui “meccanisi di resa” che caratterizzano il commercio librario. I libri “venduti” alle librerie non sono in realtà tali fino al definitivo sell-out che si realizza con l’acquisto da parte del cliente: il continuo andirivieni fra libraio, distributore ed editore avrebbe reso micidiale la tenuta contabile dell’Iva a credito e a debito.

Va anzi ricordato in questa sede che il vecchio libro cartaceo è l’unica “merce” che obbligatoriamente ha un “prezzo imposto”, per cui il concetto stesso di Imposta sul valore aggiunto è un non-senso: bisognerebbe infatti parlare non di IVA ma di una IVS, un’Imposta sul Valore Sottratto, giacchè tutto il suo meccanismo commerciale è basato su sottrazioni percentuali dal prezzo imposto di copertina: tot al distributore, tot al promotore, tot al libraio ecc. Non starò qui a ricordati le mie battaglie di una vita contro la logica aberrante del “prezzo imposto” e della percentuale intesa come “pizzo”che regola la distribuzione dei benefici di vendita ai vari protagonisti della filiera. A partire dal concetto stesso di “diritto d’autore” calcolato su un prezzo di copertina stabilito sempre arbitrariamente su “ipotesi” di venduto, inevitabilmente sempre sbagliate o per eccesso o per difetto! Rileggiti un po’ dei miei vecchi studi in proposito.

Quello che mi preme qui ricordare a te e agli amici che interverranno al dibattito è che per il libro cartaceo la normativa prevedeva banalmente una resa fisiologica per così dire “scontata in partenza”: ecco la ragione dell’IVA ridotta al 4%! Non la “nobiltà” della merce, non un privilegio della “cultura”, ma un semplice calcolo meccanico di come funziona il via vai del libro fra i magazzini dell’editore e gli scaffali delle librerie, regolato da quella micidiale legge non scritta chiamata “diritto di resa”. Unica protezione del libraio, è vero; ma anche vero responsabile della bulimia produttiva che caratterizza un mercato per sua natura affetto da nanismo: un migliaio di punti vendita in tutto, concentrati nelle mani di cinque grandi gruppi.

Fortunatemente, le modalità online del commercio dell’e-book fanno apparire per quello che sono, medievali, le logiche del “diritto di resa”: un libro scaricato dalla rete è venduto e basta! Ma è ovvio che facciano finta di non capirlo i colleghi che controllano ampi segmenti del mercato cartaceo, che si devono difendere dal rischio di improvvise rese milionarie, se il “sistema” si incrinasse e volvesse troppo rapidamente a favore della circuitazione digitale…

Ed eccoci al punto.

L’ebook, col suo contenuto immateriale, ripropone a tutto il sistema editoriale, in maniera non ambigua, la sua natura di servizio culturalmente rilevante offerto alla cittadinanza, a partire dal mondo della Scuola: non solo la sua natura di merce, che tuttavia non è estranea neppure al mondo degli ebook, senza scandalo per nessuno.

Nel mondo dei contenuti immateriali il concetto di “prezzo imposto” fortunatamente si vanifica e manifesta tutto il suo anacronismo storico. Lo stesso libro-servizio lo si troverà a prezzi diversificati sulle diverse piattaforme distributive. Kindle raddoppia il prezzo indicato dal proprietario dei diritti (non più necessariamente solo l’editore, così come lo concepiamo oggi) in relazione ai vari Paesi di destino (da cui viene originato l’ordine), ai cosiddetti delivery-cost e ai relativi sistemi di tassazione. Lo stesso libro sarà acquistabile a 5 dollari negli USA e a 10 in Europa, e così a seconda delle varie Piattaforme Distributive che fra non molto pulluleranno nel web. Per lo stesso motivo diventa irrilevante, rispetto al prezzo di vendita, il fatto che l’ebook sia di 500 pagine o di 32: entrambi potrebbero costare 9,90 dollari.

In questo quadro appena abbozzato sarebbe dunque più logico dedurre il contrario di quanto assunto dalla petizione che viene oggi proposta: bisognerebbe cioè avere il coraggio di rinunciare al prezzo imposto di copertina (anche per il libro di carta) e accettare la logica di una vera Imposta sul Valore Aggiunto: ripensata però in funzione della tipologia del servizio offerto, come già si attua ad esempio per molte merci definite “di lusso”, giustamente caricate di una IVA più pesante.

Non ti sembrerebbe corretto, ad esempio, ipotizzare che i libri scolastici meritino un’Iva del 2% mentre i Libri di cucina quella del 20%, o che i Coffee-table Books possano sopportare tranquillamente il 30%? Riterresti scandaloso ipotizzare che i libri acquistati dal Sistema Bibliotecario per il prestito gratuito dei contenuti immateriali siano esenti Iva e che gli stessi venduti ai librai per ricavarne un beneficio economico siano trattati al 20?

Mi obietti che è pericoloso entrare nel merito delle “tipologie”: un’opera dell’ingegno è tale e ha (o non ha) un valore indipendentemente dalla sua destinazione. Ti rispondo: si viaggia sia in Yaris che in SUV, ma con aliquote diverse e senza alcun giudizio di valore sulla qualità dei mezzi… Se il libro di carta poteva prestarsi all’equivoco merceologico della sua forma, non più per l’e-book: un libro sui funghi non è la stessa cosa di un testo di filologia romanza. Vedi dunque che non fa differenza a questo punto che si tratti di un libro di carta o di un cosiddetto ebook.
La battaglia per applicare a quest’ultimo un’agevolazione artatamente mutuata dal vecchio modo di commerciare la carta, è una battaglia di retroguardia, ambigua e da rigettare. E le paparazzate del Palazzo servono davvero a poco (e a pochi).

Sarebbe invece tempo di invocare una vera Costituente del Libro tout-court, come quella che dovremmo discutere come Consortium al Vega di Venezia o all’eBookFest di Fosdinovo: perché un libro è un libro in qualunque forma si presenti, è il suo contenuto non la sua forma.

Buon lavoro a tutti.
Mario Guaraldi


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